Virtuale, liscia, gassata o Ferrarelle?
De gustibus. Ma non solo.
Prendiamo il nostro mondo, quello delle ocr. Da un decennio, come personaggi pirandelliani, siamo in cerca d’autore. Di una identità condivisa. Di regole certe. Ci mancava il covid. O, forse, ci voleva. Perché ci ha permesso di scoprire nuovi orizzonti. Ad esempio, le virtual e le formule short.
Le nonne lombarde, pur con varie inflessioni locali, concordavano su un punto: “Piutost che nient, l’è mei piutost”. Piuttosto che niente, è meglio piuttosto.
Il discorso potrebbe chiudersi qui. Più che altro, per evitare di confondere i termini del problema. Lasciamo da parte le preferenze individuali e il tifo da campanile. E’ comprensibilissimo che qualcuno preferisca il crossfit, altri le ninja, altri ancora i trail dolomitici: gusti individuali. Liscia, gassata o Ferrarelle. Tutt’altro discorso, invece, provare ad analizzare quale ruolo hanno avuto e quale ruolo potrebbero ricavarsi le virtual e le short all’interno del nostro sport.
Nelle gare virtual, considerato il lockdown, c’era poco da correre. Ognuno segregato a casa propria o in giardino. Una serie predefinita di ostacoli virtuali, fatti in casa o semplicemente immaginati. Sollevamenti, balzi, trasporti, equilibri. In sostanza, un intenso allenamento di crossfit. Conteggi, verifiche, rilevazione e comunicazione dei risultati sono affidati alla buona volontà e alla buona fede di ogni singolo partecipante.
Durante il lockdown, le opportunità virtual pare abbiano furoreggiato.
Così dicono i numeri. Virtuali. Perché questo è il problema meno interessante dal punto di vista tecnico, ma certamente più discusso dal punto di vista sociologico: gli atleti virtual non sono creduti. O meglio, nessuno gli crede. Nessuno accusa nessuno, ma se dici di aver partecipato ad una virtual, può darsi che qualcuno non ti scoppi a ridere in faccia, ma soltanto perché è molto ben educato.
Ci si è messa pure Spartanrace con la qualificazione virtuale ai mondiali trifecta, quelli reali, quelli fatti da cinquanta chilometri, oltre cento ostacoli e duemila metri di dislivello in tre gare di seguito. Piuttosto che niente è meglio piuttosto. Ma qui l’asino rischia di cascare e farsi del male. Tanto.
La differenza fra la semplice iscrizione a una trifecta virtual e un trifecta week end reale portato a termine, magari intorno a Sparta, magari nuotando nell’Agoge e passando a salutare la tomba di Agamennone, pare intuitiva. Meno intuitivo è rendersi conto che i veri problemi potrebbe averli NON chi alla trifecta virtual si è iscritto, ha taroccato qualche selfie ed ha spergiurato di aver seguito tutto alla lettera, guadagnandosi così la qualificazione ai mondiali reali. Piuttosto, il problema potrebbe riguardare chi DAVVERO si fosse sparato dieci ore di crossfit in due giorni!
Da che lato guardi il mondo, tutto dipende.
Se andiamo a vedere le classifiche di un qualsiasi week end trifecta, dobbiamo prendere atto che oltre il cinquanta per cento dei partecipanti si è impegnato in una gratificante passeggiata. Alla portata di chiunque sia in grado di esibire l’ormai dimenticato status di “sana e robusta costituzione fisica”. Ogni domenica, possiamo incontrare sui nostri sentieri di trekking intere famigliole, più o meno motivate, che si dilettano a percorrere una decina di chilometri ad una velocità media di due o tre chilometri l’ora. Fanno benissimo. Come fanno benissimo gli spartani che portano a termine un trifecta week end, o almeno ci provano, alla stessa velocità e con lo stesso spirito della famigliola. Lontano milioni di chilometri dall’iconografia dell’impresa eroica, ormai dovrebbe essere sdoganato il concetto che una Spartanrace è a portata di chiunque. Come un trifecta week end è a portata di un escursionista consapevole e motivato. Senza troppe altre paturnie.
Per conferma, diamo un’occhiata alle classifiche globali spartan. Un nome a caso, scelto per il cappellino alla Crocodile Dundee: Robert Duguay. E’ un simpaticissimo signore, vero idolo del mondo spartan. Non foss’altro per il numero di gare portate a termine ogni anno. Mediamente, chiude il gruppo nelle posizioni di fondo. Piazzamento e tempo fuori controllo. Diciamo, entro il tempo massimo. Lui sì, un eroe. Di resilienza.
Dal punto di vista fisico e mentale, invece, un trifecta week end virtual non ha nulla a che vedere con una gara reale. In sé, nulla di male. Anzi, il crossfit è e rimane un ottima attività fisica. Con un approccio graduale, può portare ottimi benefici a chiunque. Ma ha ben poco a che vedere con una Spartanrace e non c’entra proprio una mazza con un trifecta weekend. Anzi, presenta un sacco di controindicazioni.
Appunto, qui casca l’asino. Affermare e dimostrare che il crossift ha ben poco di “funzionale” ad una Spartan rischia di scatenare guerre puniche. Credere, obbedire, combattere. Tutto il resto è attività di sedizione finanziata da re giorgetto d’inghilterra. La cultura del campanile e del derby l’un contro l’altro armati non ammette spazi di confronto. Nemmeno di fronte a due o tre evidenze che ormai dovrebbero essere di patrimonio comune nel nostro sport. Anzi, l’abc.
Anzitutto, il concetto stesso di “allenamento funzionale” è decisamente ambiguo. Un po’ come “allenamento allenante”: che diavolo vuol dire? Funzionale a che cosa? Di tutto un po’: va bene, va benissimo. E’ esattamente quello di cui la maggior parte delle persone avrebbe bisogno. Mantenere e sviluppare un pochino tutte le nostre competenze fisiche. Lode e gloria all’allenamento funzionale e al crossfit in particolare. Senza sarcasmo alcuno.
Quando però il concetto di “funzionale” viene mistificato e ti fan credere che quel tipo di allenamento sia funzionale a qualcosa di specifico che non sia il benessere, forse sarebbe il caso di prendere in considerazione la seconda e la terza evidenza, maturate in questo decennio di Spartan race e di ocr.
L’evidenza più banale è addirittura darwiniana: l’evoluzione della specie. In altre parole, gli atleti ipertonici sono spariti dal mondo ocr. Quantomeno, dalle posizioni di vertice. Nulla da dire sui gusti personali: chi vuol continuare a gonfiare i propri muscoli continui a farlo, magari informandosi un pochino sulle modalità corrette rispetto a quelle che ti ammazzano. L’osservazione darwiniana è molto più semplice: se alteri il rapporto corretto fra peso e potenza, anche semplicemente sviluppando la massa magra oltre questo equilibrio, nelle spartanrace e nelle ocr fai una fatica pazzesca e non vai nemmeno a calci nel sedere. Come diceva Catalano, è molto meglio andare forte facendo poca fatica che andare piano facendo tantissima fatica. I cultori dell’ipertonicità nuscolare nel mondo ocr o sono evoluti o si sono eclissati.
La terza e ultima evidenza è molto simile alle precedenti, ma riguarda la donna e l’uomo comune. Quelli che non hanno nessun interesse a pompare i muscoli e tantomeno a travestirsi da personaggi marvell. Quelli che semplicemente vorrebbero sapere come allenarsi correttamente per una spartan ed una ocr.
Le risposte che arrivano puntuali anche sui social sono sempre più corrette.
Alla prima OCR, iscriviti, parti e divertiti. Senza troppe menate, senza preoccupazioni. Arriverai alla fine stanco, divertito e soddisfatto. Il crossfit e l’allenamento funzionale? Piuttosto che niente è meglio piuttosto. Ma di fronte alla proposta di un trifecta week end virtual, sarebbe opportuno prendere atto di un paio di questioni:
- Se non sei preparato, ne subirai le conseguenze muscolari per un mese
- Se davvero sei in grado di farti dieci ore di crossfit in due giorni, sei un ottimo atleta di crossfit, ma non sei “funzionale” ad una spartanrace o ad una OCR.
Piuttosto che niente è meglio piuttosto. Ma ricordati che è molto meglio correre forte facendo pochissima fatica, che correre piano facendo tantissima fatica.
Delle formule short, parleremo a breve.