Gareggiare in una Spartan Military Race significa principalmente una cosa.
Sará dura. Molto dura.
Si perché l’introduzione della Military Series nel catalogo ha fatto sí che agli ostacoli che normalmente contraddistinguono una Spartan, vengano aggiunti degli ostacoli disegnati dalla Forza Speciale che ospita il terreno di gara. Nel caso della Colorado 2016, il terreno di gara era stato creato dalla 4th Infantry and Specials Forces units di Ft. Carson.
La location
Una gara in Colorado é giá di per sé uno spettacolo incredibile. Essere circondati dalle Rocky Mountains, con dei paesaggi mozzafiato, montagne innevate, torrenti e stupende trail tutte da correre ed esplorare é impagabile.
L’altitudine su un terreno del genere gioca un ruolo fondamentale.
Soprattutto per chi, come me, vive a livello del mare, si sentono drasticamente i 6035 piedi (circa duemila metri, ndr) di dislivello.
Quando si passa ad altitudini più elevate di quanto non si sia abituati é comune manifestare dei sintomi di “mal di montagna”. In poche parole,mano a mano che si sale di quota diminuisce la pressione parziale di ossigeno nell’aria che viene inspirata (respirando normalmente immagazziniamo minori quantitá di ossigeno rispetto a prima).L’organismo, per adattarsi alle nuove condizioni e per reagire alla riduzione di ossigeno tende ad aumentare sia la velocità di respirazione che il ritmo cardiaco. (ok. ho finito con questa digressione di “fun facts” sul corpo umano… ora torniamo alla gara)
La base militare di Ft. Carson mi ha lasciata stupita. Non avevo mai visto una base militare in vita mia e non mi aspettavo fosse cosi grande. Era immensa. Una piccola cittá con 9 diversi Gate di entrata. Ogni Gate dedicato a diverse funzioni e totalmente indipendente.
Moltissime famiglie dei militari vivono “on base”. Il che significa che una volta che il marito/la moglie che é nelle forze speciali viene trasferito nella base, la famiglia si trasferisce con lui/lei in una casa assegnatagli dal governo all’interno della base. Oppure possono scegliere di vivere “off base” rinunciando a tutti i vantaggi dell’altra opzione a favore di una vita più da “civilians”.
Costeggiando la base si vedevano chiaramente i complessi di case, divisi esattamente come dei piccoli “neighborhood” (vicinati) con le case tutte uguali e a non grande distanza le grosse jeep mimetiche, e i militari che si muovevano da una parte all’altra nelle loro uniformi.
Per entrare alla base la mattina della gara dovevamo passare i controlli al nostro Gate, rilasciare i documenti e poi avremmo avuto accesso all’area designata. Una volta parcheggiato ho ringraziato il cielo di avere l’abitudine di non portare il borsone con le mie cose al bag check perché chiunque volesse entrare con la borsa doveva appoggiarla a terra, allontanarsi mettendosi in fila con gli altri mentre dei militari con cani al guinzaglio controllavano le borse una per una.
Arrivati finalmente dopo aver preso la busta con numero e time chip abbiamo potuto vedere dal vivo l’ostacolo che da quasi 2 anni ormai é tra i più temuti nella Spartan, il platinum rig. Sapevo che ci avrebbe atteso qualcosa di particolare.
Normalmente il Rig é la giusta quantitá di difficoltá e divertimento con le corde, gli anelli e le sbarre orizzontali. Questa volta, Spartan, si é lanciata nell’inserire non solo più corde del solito, ma ha aumentato la distanza tra un appiglio e l’altro e messo in un passaggio il famigerato Nunchuck di metallo, uno degli appigli più rognosi.
La corsa
Quella mattina intanto, il Colorado ci ha accolti alle 5 del mattino con una bella pioggia e un freddo pungente (4 gradi ).
La partenza dell’elite maschile é alle 7:30 e quella femminile é alle 7:45. Alla linea di partenza ci aspettano 4 militari a cavallo, armati di pistola e bandiera. Al via dell’ufficiale di gara sparano in aria e partono con i cavalli correndo di fronte a noi. Un inizio poco Spartano ma molto scenico.
Il percorso era un susseguirsi di salite ad una inclinazione violenta e discese altrettanto ripide su sentieri stretti e accidentati. Per un tratto abbiamo anche corso su un piccolo sentiero, che ci ha ricordato improvvisamente perché il waiver che si firma a inizio gara dove si “accetta che ciò che stai per fare potrebbe portarti anche a morire” é cosi importante. Correvamo con il fianco della montagna da un lato e con uno strapiombo di 8/10 metri dall’altra.
I sentieri stretti non permettevano di superare facilmente e quando volevi guadagnare terreno dovevi approfittarne quando la strada si allargava anche solo per una decina di metri.
Il susseguirsi di salite (infinite) va avanti da un bel pò tanto che inizio a chiedermi se abbiano messo anche degli ostacoli in questa gara.
Finalmente si inizia con un pò di muri, poi O-U-T (Over – Under – Thru) un muro da scavalcare, uno sotto cui passare e uno in cui passare in mezzo,la classica sandbag carry – trasportare una sacca di sabbia e poi via di nuovo a correre per più di 2 km senza l’ombra di un ostacolo fino ad arrivare finalmente all’ inverted wall e passare alla Ruck Sack : uno zaino utilizzato dai militari del peso di circa 55 kg per gli uomini e 35 kg per le donne da trasportare per un bel pezzo (ovviamente in salita).
Finalmente dopo un altro ostacolo si arriva alla parte più interessante: le corde da arrampicare e il Platinum Rig sono li vicini, uno immediatamente dopo l’altro. Le corde sono leggermente più sottili del solito ma niente che una buona tecnica non possa superare facilmente. Il rig ha fatto tantissime vittime. La parte più difficile é la distanza che c’é tra gli elementi che lo compongono. Se non mantieni il ritmo e perdi il “momentum” del passare con slancio tra una parte e l’altra ti ritrovi in una situazione decisamente poco favorevole. Una volta oltrepassato quello é un susseguirsi di ostacoli che richiedono forza ed eplosivitá : muro da 8 piedi, palla di cemento da trasportare, muro da 10 piedi e il Bucket Carry più lungo e faticoso che io abbia mai fatto. Sono certa che salite e altitudine non abbiano aiutato ma la salita che abbiamo affrontato per il bucket carry era davvero sfiancante. Normalmente mi trovo anche a correre con il Bucket ma questa volta era decisamente impossibile senza rischiare di far cadere il secchio o peggio, ruzzolare giù dalla discesa per un centinaio di metri.
Ho apprezzato l’inserimento di una nuova variante di un ostacolo : la fusione di un muro con in cima una scala larga da arrampicare (presente anche a Orte, ndr).
Dopo molte miglia di corsa, arrivati ad una pianura ci siamo trovati di fronte alla RopeLine da attraversare. La tecnica su questo ostacolo varia. C’é chi preferisce farla a pancia in su per non affaticare gli avambracci e chi come me preferisce velocizzare l’attraversamento facendo affidamento sulle braccia, grip e tecnica di movimento delle gambe.
E quando pensi di poter riposare un po’ gli avambracci ecco che ti trovi a dover fare lo Zwall (i muri messi a Z con gli appigli per arrampicare) .
Mentre facevo lo z wall mi é capitata una delle cose più strane che mi siano mai successe. Passando da un appiglio all’altro ho notato che non era sporco solamente di fango. Con stupore e anche un po’ di sconcerto noto che TUTTI gli appigli delle mani sono coperti, GIURO, coperti di sangue rappreso. Vado avanti augurandomi di non avere ferite aperte sulle mie mani.
Finito lo Zwall ci aspetta un barbwire (filo spinato) lunghissimo con l’aggiunta di…lo so sembra fatto apposta… parti in salita!
Finito quello arriva l’ostacolo che mi ha messa più in crisi di tutti. Le montagne di fango con il muro finale sotto il quale ci si doveva immergere. E una volta usciti, Slippery Wall. L’acqua era ghiacciata e la temperatura fuori non invitava certo a lanciarsi con entusiasmo. Si é alzato un gran vento e da quel punto in poi la gara é diventata molto più dura. Il freddo e il vento non permettevano di asciugarsi e la finish line era ancora distante. Ci aspettavano ancora diversi ostacoli tra cui lo spear (il giavellotto, ndr), la cargo net e la monkey bar al gran finale. E in aggiunta anche un ostacolo con una pistola e un bersaglio da centrare (omaggio dei militari).
Le miglia totali erano 10, il massimo raggiungibile per una super. Decisamente una gara che metteva duramente alla prova dal punto di vista fisico, tecnico/strategico e mentale.
La corsa tecnica in discesa faceva la differenza cosi come la capacitá di avere un ritmo costante nonostante la grande distanza e il percorso molto duro.
Correre dentro una base militare ha il suo perché. Durante la corsa improvvisamente ci siamo ritrovati in mezzo alla riproduzione di un centro cittá di un paese islamico. Con macchine parcheggiate, edifici e mercato all’aperto con frutta e carni appese (tutto finto). Mentre correvamo un elicottero si é fermato sopra di noi e ha iniziato a girare sull’area.
É stata un’esperienza decisamente intensa che non mi ha lasciata solo con una medaglia fighissima (avete mai visto le medaglie speciali delle military race?). Ho capito su cosa concentrare l’allenamento dei prossimi mesi in funzione dei World Championship. Ho toccato con mano i miei punti di forza e le zone di ombra su cui lavorare ancora più intensamente.
Questo non era il mio terreno ma ho scelto comunque di andare, di mettermi in gioco e tirare fuori il meglio di me stessa come faccio ogni giorno della mia vita. E ogni gara si diventa più forti, più esperti, più determinati.
E non vedo l’ora di vedere quali sorprese vi aspettano in Italia e in Europa per questo sport che ci ha fatti innamorare e che ogni giorno tira fuori il lo spirito guerriero che c’é in noi!