L’esperienza di Marco Semeraro, studente pugliese di Bitonto, che ha conosciuto l’obstacle racing in un’università a Eindhoven.
Capita che dalla Puglia, terra del sole e del vento, ci si debba trasferire per un semestre in Olanda per un tirocinio in un centro di ricerca sul fotovoltaico. E capita, così per caso, di scoprire anche una strana disciplina, che gli olandesi definiscono sport. Il 27enne Marco Semeraro, studente in Ingegneria Energetica, ha vissuto a Eindhoven e, tra le attività sportive offerte dal campus universitario della Technische Universiteit, ha scelto di frequentare il corso di survival run. Una declinazione wild dell’obstacle racing con un programma di allenamenti gestito dall’associazione All Terrain.
Marco, perchè hai deciso di frequentare questo corso?
“Quando affronto qualsiasi esperienza, mi piace viverla nella forma più pura e incondizionata, secondo l’approccio che Georges Hebert definisce ‘metodo naturale’. Quello che più mi ha coinvolto di questo sport, che non conoscevo, è stato il contatto con la natura, metaforico e non (quanto è soddisfacente abbracciare alberi e correre nel fango?!), l’impiego funzionale dei gruppi muscolari, l’utilità delle abilità apprese, ma anche la sfida continua posta da ogni esercizio. Ho scoperto che l’obstacle racing mi riconnette al mio istinto animale“.
Come è strutturato il corso?
“Il programma prevede un allenamento settimanale per i principianti e due per i più esperti, di circa 1h15′. Si inizia con l’allestimento dei percorsi (posizionamento di funi, ostacoli e tutto il necessario), a seguire c’è la fase di riscaldamento (corsa ed esercizi) e poi finalmente i percorsi da ripetere più volte. Divisi in gruppetti dello stesso livello atletico e tecnico si procede con una certa libertà, con i coach a supporto soprattutto dei meno esperti. Le lezioni sono tenute da tre o quattro istruttori, la maggior parte dei quali ex studenti che hanno continuato a praticare la disciplina fino a diventarne atleti professionisti o semi-professionisti. C’era la possibilità di affiliarsi all’associazione ed essere riconosciuti come atleti della disciplina”.
Dove si svolgono gli allenamenti?
“All’interno del campus universitario della Technische Universiteit Eindhoven. Nella stagione fredda si tengono in palestra per una preparazione atletica ai training veri e propri, che invece sono all’aperto, temperature permettendo. L’area dispone di diversi sentieri boschivi anche se brevi, trovandosi pur sempre in una zona urbana, un fiumiciattolo attraversato da un paio di ponticelli e un’intera area attrezzata con funi, reti, barre e molto altro“.
Quale tipologia di ostacoli è presente nel campo?
“Salite e attraversamenti della fune, monkey hangs, aggiramento di ostacoli come pneumatici e tronchi in posizioni più o meno critiche, per esempio a penzoloni da uno dei ponticelli, attraversamento di ponti e persino taglio della legna. Spesso si praticano fondamentali di parkour, soprattutto in fase di riscaldamento vicino alle strutture urbane dell’università“.
Un aneddoto particolare da raccontare?
“La seconda volta che ho attraversato uno dei ponticelli mi sono ritrovato bloccato a un passo dalla risalita. Le braccia erano diventate praticamente due stecche di legno, non riuscivo più a piegarle per tirarmi su e non vedevo altra scelta se non quella di mollare e precipitare nel fiume torbido e melmoso. Alla fine sono riuscito a ridistribuire un po’ i pesi e grazie alla mano di un compagno sono riuscito a risalire“.
Ti piacerebbe continuare a praticare questa disciplina?
“Assolutamente sì. Non ho partecipato fino ad ora a gare ma sarei già soddisfatto se riuscissi ad avere una buona routine di allenamento. Mi sto informando sulla presenza di campi di allenamento a Bari per coltivare questa nuova passione”.
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